La poliabortività è una causa frequente di infertilità e affligge il 5% delle donne in età fertile. Si consideri che l’aborto spontaneo è, almeno nella specie umana, un evento sorprendentemente frequente. Si calcola che circa il 15% di tutte le gravidanze clinicamente riconosciute esiti in aborto spontaneo e che molte più gravidanze si interrompano prima ancora di essere identificate.
Tre o più aborti consecutivi entro le 20-24 settimane vengono tradizionalmente indicati come aborto ricorrente o abituale o poliabortività.
Basandosi sulla semplice incidenza dell’aborto sporadico, l’aborto ricorrente non dovrebbe presentarsi in più di un caso ogni 300 gravidanze. Tuttavia studi epidemiologici riportano che l’1-2% percento delle donne sperimenta una condizione di poliabortività.
in una società che corre velocemente e nella quale le donne (e gli uomini!) si dispongono tardi alla funzione riproduttiva, viene oggi raccomandato di avviare il protocollo diagnostico già dopo due aborti in assenza di precedenti nascite, mentre una valutazione ancora più precoce è, secondo alcuni, indicata se la donna ha più di 35 anni o se il concepimento è risultato difficoltoso.
Le cause dell’aborto possono dipendere da fattori:
- morfologici/anatomici nel 10% dei casi
- immunologici e trombofilici nel 15%
- endocrini nel 30%
- andrologici nel 6-15%
- genetici nel 6%
- metabolici nel 2%
- infettivi nel 5%
- ambientali
Tuttavia in più del 40% degli aborti ricorrenti non si evidenzia il fattore eziologico(si parla di aborti idiopatici).
La poliabortività legata a fattori morfologici/anatomici è dovuta ad di anomale uterine come la presenza di miomi, setti o aderenze che impediscono la distensione della cavità uterina.Tra le diverse malconformazioni uterine, così come classificate dall’American Society for Reproductive Medicine nel 1988, l’utero setto è quello più strettamente correlato con l’abortività ricorrente, con un rischio di successivo aborto fino al 76% ed una prevalenza nelle donne con abortività ricorrente di circa il 5%.
Riguardo i fattori immunologici e trombofilici, il 5% delle donne con poliabortività presenta una malattia autoimmune o una suscettibilità autoimmune. L’autoimmunità è il processo mediante il quale il nostro organismo produce anticorpi contro se stesso, si tratta di anticorpi antinucleo (ANA), anti-fosfolipidi, anti-cardiolipina responsabili di fenomeni di trombosi a livello dei piccoli vasi utero-placentari. La prevalenza di anticorpi antifosfolipidi nella popolazione generale è del 2% mentre in caso di poliabortività è del 15%. La possibilità di successo di una gravidanza in queste donne se non trattate è solo del 10-15%.
Inoltre in alcune donne esiste una predisposizione genetica alla ipercoagulabilità nei piccoli vasi a causa di anomalie ereditarie di alcuni fattori della coagulazione (come il deficit di antitrombina III, di proteina C e S, alla mutazione congenita del fattore V di Leiden o della MTHFR responsabile di elevati livelli di omocisteina, sostanza che in eccesso danneggia i capillari causando un difetto di vascolarizzazione dei villi coriali).
In circa il 70% degli aborti spontanei il fattore predisponente è di natura genetica, in questi casi si riscontrano anomalie cromosomiche. Nel 4,5-5% delle coppie con poliabortività uno dei partner è portatore di una anomalia strutturale bilanciata (soprattutto traslocazioni e inversioni genetici) . Per di più le alterazioni citogenetiche riscontrata nei prodotti abortivi, dimostra che le alterazioni possono originare da errori casuali durante la divisione cellulare dei gameti maschili o femminili in coppie con bassa incidenza di anomalie cromosomiche.
Elevati livelli di glicemia nel I trimestre di gravidanza e in particolare nei primi 21 giorni dal concepimento, aumentano il rischio di aborto: l’ottimizzazione del controllo glicemico nelle donne con diabete mellito insulino-dipendente prima della gravidanza riduce il rischio di abortività. Le disfunzioni tiroidee invece raramente si riscontrano in caso di poliabortività.
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