Mi ritrovo a scrivere nero su bianco quello che provo dentro, da molti anni ormai, e di come la mia vita sembri ruotare intorno al mio non essere ancora mamma.

Soffro di ovaio micropolicistico, una “diagnosi” arrivata come una sentenza dal mio ginecologo, quando all’età di 26 anni mi sono rivolta per una visita di routine.

Ricordo perfettamente quel momento. “Hai l’ovaio micropolicistico, non potrai avere figli facilmente.” Una frase così tagliente che ho sempre riportato nella mia anima. Ma voglio andare con ordine nel descrivere come il tempo sia stato sempre avverso per noi. Il nostro tentativo di avere un bambino è iniziato da subito ,tre anni fa, appena sposati abbiamo provato senza rifare nessun controllo, ma consapevoli della mia difficoltà. Oggi mi rendo conto che non avevo preso consapevolezza della “sentenza” comunicata dal mio primo ginecologo, come se detta in quel modo avesse creato in me una sorta di rifiuto nel capire a fondo il problema impedendomi di prendere la situazione in mano e iniziare con gli esami più specifici. E’ come se mi fossi attaccata  solo al “facilmente”, cioè  voglio dire… non potrò avere figli facilmente , non è impossibile, come se questa fosse una speranza. E devo dire che questa mia convinzione, ignoranza, rifiuto, bho non so cosa ci ha portato ad essere sempre più ciechi davanti alla mia situazione  e a perdere tempo su tempo. Tutti mi dicevano “ non ci devi pensare, se ci pensi non arriva”…ancora mi chiedo come si fa a non “pensare” a mettere “stop al pensiero “ per un pensiero così vitale!!! In realtà , ci pensavo, eccome soprattutto alla frase detta dal ginecologo …finora credevo fosse solo quello il problema.

Ad ottobre 2014  dopo 1 settimana di ritardo vado a prendere il test in farmacia…positivo! L a gioia di quel momento è stata unica. Ho chiamato tutti, amici , parenti conoscenti chiunque. Un momento però che non è durato molto perché dopo 26 giorni dalle prime beta positive , ho perso la gravidanza. Interrotta. Mi sono sentita sprofondare nella tristezza e avere conferma sempre di più della sentenza…”non sarà facile”…cominciavo a sentire quella frase davvero adesso come una sentenza. Per altre due volte ci siamo ritrovati a dover mandare giù questo boccone amaro. Ma ancora non volevamo mollare. Con mio marito abbiamo pensato che come sono riuscita a rimanere incinta la prima volta riuscirò la seconda, la terza e da li è iniziata la frustrazione più totale e avevo paura, più tempo passava più non riuscivo a rimanere incita e più questo diventava terribile dopo un po’ di mesi siamo ritornati dal mio dottore ho rifatto ecografia, esami del sangue e ho fatto l’isteroscopia, insomma infiniti esami, solo esami. Sono arrivata al centro Gatjc  grazie al consiglio di un’amica che  ha adesso la nipotina di 7anni arrivata grazie a loro. Questo mi è servito per avere un po’ di speranza. Ci siamo fatti forza e abbiamo cercato di affrontare la situazione. Dopo tutto questo tempo ho iniziato a capire di avere un problema. Il Dott. Tripodi  insieme al team si sono presi cura di me e mi hanno assicurato che avrebbero fatto il massimo. Da qual momento in poi io ho avuto come la sensazione che il nostro problema potesse finalmente essere risolto completamente. Perché qualcuno iniziava a interessarsi di me, ci hanno fatto fare molti esami per capire i nostri profili  immunologici e ormonali. Ad esempio, cariotipo e fibrosi cistica…mai fatti prima! Ed ecco li l’intoppo!!! Il mio cariotipo ha evidenziato una traslocazione robertsoniana. Da qui subito il consulto con la genitista, la Dott.ssa Loddo che ci ha reso la visione molto chiara e dettagliata della mia situazione. Insomma mi trovavo nuovamente di fronte ad una nuova” sentenza”. La mia interruzione di gravidanza, quindi era dovuta al problema genetico.

Avevamo perso del tempo, molto tempo a ricercare una gravidanza spontanea e poi soprattutto boicottando completamente che ci potessero essere dei problemi. Insomma scoprire che non bastava un problema ma un altro ancora è stato molto pesante e soprattutto ci ha resi molto confusi.

Avevamo paura di essere  nuovamente delusi, sapevamo che sarebbe stato  statisticamente improbabile , riuscire a portare avanti una gravidanza e soprattutto sana. Avevamo paura .

Inizio le terapie e devo dire che  agli ormoni ho reagito molto bene a differenza di tutto quello che ho letto in forum e internet, almeno in qualcosa iniziavo ad essere fortuna J

Ho iniziato a farmi le iniezioni  nella pancia ed essere così pronta per fare il  pick up. A seguito del pick up, si è proceduto col fare la pgd cioè la diagnosi preimpianto, con questa tecnica, che ha sempre le sue limitazioni avremmo potuto differenziare gli embrioni sani da quelli non sani. Insomma la diagnosi genetica del mio embrioncino.

Mi sentivo come se era arrivato il nostro momento, avevamo perso troppo tempo, non potevamo permetterci di perdere ancora tempo o di soffermarmi a piangere ad essere triste ect  ect. Basta dovevamo essere efficaci, l’uno per l’altro, farci forza senza farsi vedere deboli. Anche questo non è stato “facile”.

Ero così tanto nervosa che non sono riuscita a dormire,  un forte mal di testa mi ha accompagnato per tutta la notte, tanti pensieri trasformati in ossessioni e di riflesso in tensioni.

Arrivati al giorno dell’intervento, mi hanno prelevato 15 ovociti , si sono formati 8 embrioni di cui solo 4 sono risultati idonei per la pgd , ma solo 2 embrioni non presentavano la mutazione genetica. Da li è iniziato il vero e proprio stress….mille domande, dubbi, paure ma soprattutto il pensiero fisso… saranno buoni?

Dopo il controllo ho iniziato a prendere delle medicine e ci hanno detto che il giorno dopo dovevamo ritornare in clinica per il transfer, a quel punto abbiamo deciso di rimanere direttamente al centro perché fornisce la possibilità di pernottare al B&B così da evitare lo stress del viaggio sia di andata che di ritorno e soprattutto avevo bisogno di essere serena e rilassata. Facciamo colazione e scendiamo giù al secondo piano dalle ostetriche. Ci fanno accomodare per il controllo ecografico con il dottore . Il momento del transfer  è passato veloce. Quando sono rimasta sola nella stanza, ho iniziato a piangere, non erano ne lacrime di dolore e ne di gioia, sembra strano ma erano lacrime di stanchezza, di stress, non saprei come definirle, di una cosa sono certa e sicura ero troppo stanca, avevo accumulato troppa tensione prima di quel momento. Mi sono asciugata le lacrime rimesso a posto il sorriso e sono andata diretta da Luca per abbracciarlo. Non volevo mi vedesse in quel modo, non avrebbe capito, avrebbe cercato di consolarmi a modo suo e di dire quella maledetta frase “smettila le lacrime non servono adesso, devi essere forte”.

Avevo un po’ timore di quello che adesso ci aspettava, l’attesa per il risultato delle beta. Ancora tempo da “perdere”, fortunatamente tutto è passato velocemente perché ho preso il consiglio di una mia amica che aveva vissuto la stessa situazione. Mi ripeteva sempre, Marta dopo il transfer non ti buttare a casa a non fare nulla, non sei malata, e soprattutto il tempo non ti passerà mai e inevitabilmente sarai assalita dalle ossessioni. Devo proprio ringraziarle per questo mi è servito per ricominciare la mia vita quotidiana, certo con le giuste accortezze ma senza limitarmi a stare chiusa dentro la camera da letto. Ho fatto le beta dopo 12 giorni. Inizialmente il valore era positivo ma basso. Mi sentivo un pò scoraggiata nel ripeterle, ma l’ostetrica Giovanna mi ha rassicurato dicendomi di continuare la terapia e rifarle dopo 2 giorni. Da quel momento sono raddoppiate sempre di più fino a riuscire a tenere tra le braccia il mio piccolo principe Matteo J Quello che voglio dire adesso a tutte le donne che tentano di ottenere una gravidanza che vi tengo molto nel mio cuore so benissimo cosa prova ognuna di voi seppur con storie differenti, la sofferenza è la stessa e solo chi la vive può sapere il vero dolore che lascia, ma so anche come questo dolore può essere colmato con la forza di volontà e la fiducia di affidarsi nelle mani giuste…ed io mi sono affidata al Gatjc. Incrocio le dita per ognuna di voi,  così che anche voi possiate farcela.

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